Terra battuta
- Daniele Benussi
- 30 mar
- Tempo di lettura: 2 min

Lo ritrovo dove l'avevo lasciato l'ultima volta. Traina con un pugno la stuoia che ripiana la terra rossa, i cani in schiera a due passi dal campo, immobili, aspettano un suo cenno. Faccio la conta veloce. Marshall, Blues, Brandy, Malibú. Ne manca uno.
Ha le spalle sudate, il mio maestro. Il petto coperto di peli neri e adesso anche grigi, il naso cotto dal sole. Saltiamo le parole e ci abbracciamo. Sono tre anni che non lo vedo. E lui, chi rivede?
Cinque minuti più tardi ho in mano rastrello e cazzuola. A sette anni mi insegnava a colpire le righe, a trenta a ripararle.
Mi tolgo anch'io la maglietta, per essere corpo come lo è lui. Adesso il caldo ci picchia addosso e fa le schiene lucide.
Dà un'occhiata ai cani e con un verso amico fa sventolare le quattro code. Mi dice che i campi in terra battuta sono animali vivi. Vanno idratati, aspettati, nutriti.
L'ha imparato in questi anni, dopo il sì del comune a costruirli. Quando ero piccolo io si giocava su un cemento martoriato dall'altra parte del paese. Ti presentavi alla prima lezione e scoprivi che era tutta sostanza. C'erano una rete, quattro righe, racchette, palline, e un maestro di tennis laureato in architettura.
All'epoca era fatto così: una valanga di ricci, la barba da talebano e delle maniere strane, che a volte ti insultava e sembrava una carezza. L'ho capito con lui, che la forma non dice mai se stessa.
Adesso siamo colleghi, eppure a me pare ancora di essere un pugno di quella terra che lui sparge e spiana.
Si smette mai di essere allievi?
Finiamo di strappare il muschio ai bordi del campo e ci puliamo le mani. Mi chiede se voglio fermarmi a pranzo. Gli dico va bene. Si asciuga le spalle con un telo e poi me lo passa. Stappa una lattina di birra e poi me la passa. Spacca due pomodori e uno me lo passa. Ravana col cucchiaio un'insalata di riso.
I cani si avvicinano e gli saltano addosso, lui si fa leccare la faccia e poi gli versa il cibo nelle ciotole.
Prima di sedersi a tavola si gira verso il muro e fa una carezza alla foto di Margot. Era lei a mancare. Tiene la mano due secondi sul poster, poi se la porta al cuore, come a tappare un vuoto. Non ha mai creduto a Dio ma guarda un attimo in su.
Per come lo conosco adesso potrebbe anche bestemmiare, e io ci sentirei una preghiera.
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